La notizia delle dimissioni dell’amministratore delegato di TIM Patuano è la cronaca di una morte annunciata: morte della sovranità nazionale sul settore più importante delle infrastrutture critiche, nell’ambito anche della sicurezza nazionale. Da anni il nostro sindacato ha chiesto a gran voce, e pubblicamente, un intervento governativo per garantire l’assenza di O.P.A. ostili nei confronti dell’attuale TIM (ex Telecom Italia). Quella attuale non è un O.P.A. ma comunque la Francia, con il bene placido del ns Presidente del Consiglio e del Governo, ha messo le mani sulla più grande azienda strategica del paese.
Non è solo un problema di scelta su di chi deve occuparsi della rete per la Larga Banda: anche l’assenza di una “Golden Share”, che garantisca il controllo dello Stato sulla politica di indirizzo del settore, è una questione ben rilevante! Di fatto, l’attuale governo sulla scia della scellerata politica delle privatizzazioni, ha chiaramente rinunciato ad esercitare il controllo su un settore, ribadiamo strategico per lo sviluppo economico nonché culturale del paese. In questo contesto, il rischio fusione con una azienda a controllo pubblico francese (Orange, ex FRANCE TELECOM) è inaccettabile.
Nonostante il rilancio del marchio, i 400 mln di € risparmiati sui dipendenti, i momentanei respinti assalti dell’AGCM e l’antitrust brasiliana, il già rimpianto amministratore delegato se ne va… col suo strascico di polemiche sulla buonuscita da 6/7 mln di € (su questo punto riteniamo sia necessario che intervenga una moratoria che cambi le regole).
Giustamente, gli scarsi 50mila dipendenti rimasti si interrogano sul futuro aziendale, seppure, come al solito mal … indirizzati. Intanto qualche dato emerge sulla frattura incorsa tra Patuano e i proprietari del pacchetto azionario di riferimento (24.9%); uno fra tutti è il taglio del costi del lavoro, mai abbastanza soddisfacente per chi deve speculare finanziariamente ed ha bisogno di incassare subito lauti profitti.
Il “Corriere Comunicazioni” ci fornisce qualche dettaglio:
Bollore’ (Vivendi) era scontento di Patuano perché vuole una maggiore veemenza nel taglio dei costi e nel raggiungimento di un rapporto dipendenti/linee simile a quella delle concorrenti Orange (1 dipendente per 440 linee) o Telefonica (1 per 333). Numeri che farebbero lievitare i già insensati esuberi dell’accordo di ottobre 2015 da 3300 a 17.000. Si palesa dunque l’ennesima mattanza ai danni dell’erario e delle buste paghe dei lavoratori e delle lavoratrici?
Niente di nuovo, per chi come noi denuncia da tempo questa deriva, niente di nuovo rispetto alle politiche di Tronchetti Provera, delle Banche, di Telefonica prima e dei Francesi ora.
La politica finanziaria, lo abbiamo detto in centinaia di assemblee, nelle aule del Senato in cui siamo stati ricevuti, nei convegni organizzati con giuristi, parlamentari ed esperti, tramite le trasmissioni d’inchiesta a cui abbiamo collaborato, è soltanto questo e nient’altro. Non ci sarà mai un imprenditore della Finanza che rilancerà questa azienda, perché non è questo lo scopo di un‘economia di rapina.
Questa azienda per rilanciarsi ha bisogno di un progetto industriale, di investimenti che possano dare una prospettiva di decine di anni, nonché lavoro ad altrettante migliaia di persone per decenni, e questo progetto lo può avere solo chi ha intenzione di investire nel rilancio tecnologico del Paese non certo un investitore straniero che si da un tempo limite per rastrellare i maggiori guadagni possibili.
TELECOM ITALIA UNICA E PUBBLICA
A ottobre 2013 abbiamo avviato la campagna “Telecom Italia Una e Pubblica”, spedendo in parlamento circa 4000 cartoline: fu un invito alla riflessione che aveva l’obiettivo – grazie alla collaborazione di Costituzionalisti e attraverso una conferenza pubblica – di arrivare all’emissione di un DPCM in cui si stabiliva che TIM (TELECOM ITALIA allora) rientrava nelle aziende di interesse strategico e per le quali lo Stato potrebbe intervenire in qualsiasi momento. Poco certamente ma qualcosa si mosse in questa direzione.
Ai Parlamentari incontrati spiegammo quali e quante risorse, sarebbero state necessarie per rientrare in possesso dell’azienda di interesse strategico! Cifre assolutamente inferiori ai progetti surreali di Renzi per il cablaggio della fibra a spese di una nuova fantomatica società delle TLC.
Ora siamo di nuovo di fronte ad un nuovo bivio, forse l’ultimo: essere preda dei nuovi padroni (tenuto conto che 17.000 esuberi sono da noi 1 su 4), oppure immediatamente mobilitarci percorrendo una direzione contraria alla scellerata deriva della privatizzazione .
E vanno abbandonate anche le sirene illusorie di eventuali accordi sindacali che salvaguardano il perimetro aziendale, o di positive sellers che ci raccontano che bello sarebbe il mondo se Patuano potesse realizzare tutte le sue idee. Patuano non c’è più e ora arriverà qualcun altro che venderà caramelle drogate. Come si fa a chiedere ai lavoratori e alle lavoratrici la condivisione e l’accettazione delle scelte aziendali quando la sede di People Value sarà probabilmente spostata in Francia?
Sarebbe auspicabile in questo contesto una presa di posizione democratica da parte dei cittadini e delle cittadine (perché questa è una azienda cardine per tutto il paese), dei lavoratori e delle lavoratrici, dei sindacati ed infine di un Parlamento sempre più delegittimato da un Presidente del Consiglio che ha come priorità la salvaguardia degli interessi delle banche e del capitale straniero in Italia.
COBAS Telecom