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Il 4 Agosto è stato firmato il decreto con cui si istituisce presso l’INPS il “Fondo di solidarietà bilaterale per la Filiera delle Telecomunicazioni”.

Per rendere operativo questo strumento di integrazione salariale e di sostegno per la formazione degli addetti nel settore resta solo da attendere il completamento dell’iter legislativo che lo renderà applicabile oltre a definirne i requisiti di accesso.

Allo stesso modo sia dal sindacato confederale che da Confindustria si sono levate immediatamente grida di giubilo per questo “importante” risultato ottenuto con il Governo Meloni. Un aspetto politico, questo, non da sottovalutare viste anche le ripetute “sottolineature” di ASSTEL sul “fondamentale sostegno del Governo”.

Il Fondo, che inevitabilmente sarà finanziato anche con le nostre tasche, direttamente o indirettamente, avrà il compito di sollevare le imprese dai costi di formazione per un reskilling necessario alle stesse e soprattutto, servirà all’integrazione salariale nel caso di cessazione di rapporti di lavoro o,  in costanza di rapporto,  qualora ci siano delle riduzioni di orario e quindi salariali. Inoltre, l’integrazione interverrà anche nel caso in cui ci si trovasse con cessazioni di rapporti di lavoro tali per cui il lavoratore si venisse a trovare entro i 5 anni dai requisiti per l’ottenimento della pensione di vecchiaia o di anzianità.

Anche se sicuramente sarà uno strumento che tornerà utile per affrontare il mare in tempesta che sta attraversando il settore, con, per altro, prospettive di peggioramento, non ci sentiamo di unirci al coro di approvazione incondizionata dell’ennesimo strumento che assomiglia più ad una toppa che non ad una soluzione.

Tanto per cominciare, ci domandiamo da anni (già dal 2013), per quali motivi i grandi enti pubblici continuino ad utilizzare per i servizi agli utenti  customer service in appalto, caratterizzati sempre da costi alti e bassi salari per i lavoratori, quando sarebbe meno oneroso per la finanza pubblica assumere quel personale direttamente risparmiando il margine di profitto che intasca l’imprenditore di turno. Domanda talmente banale alla quale anche questo Governo potrebbe dare una risposta semplice ma, come i Governi precedenti, difficilmente lo farà e  intraprendere una strada che potrebbe disturbare i comodi utili di questi imprenditori .

Alla stessa maniera potrebbero operare le grandi aziende di servizi ENEL, ACEA ecc. che utilizzano da tempo anch’esse customer in appalto.

Aprire una seria vertenza sulle internalizzazioni, in questo senso, e procedere a spezzare la giungla del subappalto creatasi nel BOOM della New Economy, potrebbe essere una proposta che guardi agli interessi economici pubblici e della difesa del Buon Lavoro all’interno di cornici contrattuali lontane da piratesche organizzazioni. Soprattutto – come dichiarato più volte dagli stessi Manager di tutti gli Operatori – ora  che si procede verso un consolidamento delle strutture a causa della compressione dei margini di profitto dovuti al calo verticale dei ricavi nel settore e alla riduzione delle fette di mercato.

Quindi invece di sostenere ammortizzatori sociali a favore delle imprese che apriranno le crisi con esuberi e riduzioni salariali, perché non sostenere soluzioni strutturali durature e con una prospettiva per i lavoratori e le lavoratrici una volta tanto?

Quando agitiamo la proposta di TIM Unica e Pubblica non guardiamo solo alla salvaguardia del perimetro occupazionale di TIM, ma immaginiamo un’azienda a capitale Pubblico, a servizio del Pubblico, che possa impegnare i suoi addetti per i servizi al cittadino oggi svolti con il meccanismo degli appalti di cui sopra, (siano essi enti locali che strutture ministeriali).

Lo stesso intendiamo per quanto riguarda le questioni di Rete di cui si discute molto in queste settimane per la probabile quanto inutile separazione della Rete che, ha solo due certezze e tantissime incognite.

Le certezze sono, qualora vada in porto la trattativa in corso, un abbassamento del rapporto Debito\Costi\Ricavi per TIM SPA e l’identificazione un numero cospicuo di esuberi che si andrà definendo meglio quando sapremo quali saranno i perimetri effettivi di questa nuova società.

Allora certamente il Fondo di Solidarietà tornerà utile nell’immediato per coloro che vedranno colpiti i propri salari, ma a medio lungo termini vedremo un generale e inevitabile impoverimento degli stipendi come per altro già accaduto con l’esperienza dei Contratti di Solidarietà o di Espansione.

Non vorremmo essere la solita Cassandra, ma la mancanza di una politica sindacale volta a proporre soluzioni per chi la crisi la paga, si fa sentire.

Con i lavoratori e le lavoratrici vorremmo discutere di come far ripartire una stagione di conquiste di diritti e di aumenti salariali visto che siamo in attesa di un rinnovo del CCNL scaduto da quasi un anno.

Vorremmo capire insieme ai nostri colleghi e colleghe delle aziende di TLC se dobbiamo rassegnarci ad essere solo merce o possiamo ricominciare a dire la nostra e quando serve farci sentire come si deve.

In tal caso noi rimaniamo a disposizione per qualunque confronto e per organizzarci insieme nei mesi che verranno, considerato ciò che stanno apparecchiando. 

Roma 22-08-2023

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