Il 4 maggio, durante la presentazione del “piano di consolidamento”, Comdata ha comunicato alle segreterie nazionali Slc, Fistel e UilCom la dismissione dei siti di Padova e Pozzuoli con il conseguente licenziamento di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori in essi impiegati: 264 vite.
In un incontro a porte chiuse che ha dunque visto l’esclusione del coordinamento RSU, l’Azienda ha prospettato incrementi di posti di lavoro per le sedi di Cagliari, Lecce e Milano e al contempo ha dichiarato la chiusura di due delle 12 sedi italiane con la conferma della FIS per 363 dipendenti sulla sede di Ivrea.
Comdata non è un’azienda in crisi e dunque non vi sono ragioni che possano giustificare la chiusura di queste due sedi e la cancellazione della serenità dalle vite di 264 persone.
E’ un’Azienda in movimento e costante trasformazione, che sta spostando crescenti quantità di lavoro verso paesi dove i salari sono più bassi, che ragiona come gruppo nazionale e internazionale quando deve investire e spostare capitali, ma che in Italia approfitta della sua articolazione territoriale, per scaricare di volta in volta su territori diversi le politiche di risparmio e riduzione costi: negli ultimi due anni questa azienda ha fatto ricorso alla FIS a Padova, La Spezia, Asti e ora Ivrea, senza mai affrontare una discussione nazionale sulla situazione complessiva, ma appunto creando problemi e difficoltà localmente ai lavoratori delle varie sedi.
Da anni Comdata sta conducendo una politica di espansione sia nel mercato estero, in special modo quello spagnolo e francese con l’acquisto rispettivamente di Digitex, Overtop e Cca, sia nel mercato italiano, dove per accaparrarsi nuove commesse, acquisisce senza sosta rami ceduti di altre aziende. L’ultima in ordine di tempo è, stata meno di un anno fa, l’acquisizione dei 900 dipendenti dei call center Wind3.
Padova e Pozzuoli sono siti aziendali nati proprio sulla scorta della acquisizione nel 2007 dei 900 lavoratori all’epoca ceduti dalla società Vodafone. Prima non esistevano quelle sedi, da domani è stato deciso che non debbano esistere più. Si è preso ciò che serviva, commesse, soldi e persone con accertata professionalità e ora, con ferocia e brutalità, si dichiara finito l’interesse a mantenere aperte quelle sedi.
Ricordiamo per dovere di cronaca che a novembre 2017 è scaduto il termine per effettuare ricorso legale contro la cessione allora operata da Vodafone, cessione recentemente dichiarata illegittima anche in Cassazione, e riteniamo che la tempistica di questo annuncio non sia casuale come non è casuale che si colpiscano questi lavoratori che, al pari degli altri provenienti da altre cessioni hanno mantenuto, anche solo parzialmente, trattamenti economici e normativi differenti, agli occhi dell’azienda sono un peso in quanto rappresentano un costo maggiore.
A lungo termine riteniamo anche che non si possa escludere un progetto di sempre crescente disinvestimento delle sedi presenti sul territorio nazionale dal momento che i segnali in questa direzione abbondano: dichiarazioni di volumi lavorativi in calo con conseguente ricorso ad ammortizzatori sociali così come la notizia, di qualche giorno fa, che anche quest’anno, al pari del 2014 e del 2015, ai lavoratori non verrà corrisposto il premio di risultato perché nel complesso le sedi italiane non hanno raggiunto gli obiettivi attesi.
La Confederazione Cobas chiede il ritiro immediato di tale scellerata decisione e si adopererà dando indicazione a tutte le sue rappresentanze sindacali all’interno di ciascuna sede di mobilitarsi mettendo in campo tutti gli strumenti a propria disposizione per dire che no ai licenziamenti e no alla chiusura di Padova e Pozzuoli.
COBAS Comdata