Si è svolto in data 27.07.17 il previsto secondo incontro presso l’Assessorato al Lavoro della Regione Piemonte.
Al tavolo regionale si era arrivati grazie all’impegno costante della organizzazione Cobas, dei lavoratori oggetto del procedimento di trasferimento e di moltissimi loro colleghi in altre sedi italiane che dal 29 maggio, oltre a uno sciopero di otto (8) ore, hanno costantemente e tenacemente intrapreso iniziative quasi quotidiane per portare all’attenzione delle istituzioni, dei mass media e dei cittadini l’azione ritorsiva e discriminatoria che viene posta in essere con il trasferimento dei dipendenti da Ivrea a Milano sotto le mentite spoglie di una asserita riorganizzazione aziendale.
L’incontro era fissato per esaminare il “ventaglio” di proposte alternative al trasferimento che l’azienda Vodafone si era impegnata a trovare nel corso del precedente incontro del 12 luglio. Sapevamo già che queste proposte difficilmente sarebbero state soddisfacenti, dal momento che ci erano già state accennate, ma ciononostante abbiamo voluto rispettare il tentativo di mediazione della Regione Piemonte e consentire a Vodafone di dare seguito alla dichiarata disponibilità di reperire soluzioni e per tale ragione abbiamo perciò sospeso scioperi e altre forme di agitazione.
L’AZIENDA: IL VENTAGLIO DELLE ALTERNATIVE AL TRASFERIMENTO
Ribadito che il trasferimento non è in discussione e riconfermate tutte le “agevolazioni” (utilizzo navetta aziendale, passaggi a part-time verticali..) che erano già a disposizione dei lavoratori impattati dal trasferimento con il verbale di incontro del 14 giugno 2017 e per le quali non era quindi necessario firmare un accordo, il cosiddetto “ventaglio” si è ridotto ad una sola proposta:
TE NE DEVI ANDARE DA VODAFONE
- Se non vuoi andare a lavorare a Milano e vuoi stare ad Ivrea, puoi farlo (ri)diventando dipendente Comdata mantenendo il livello e l’anzianità, ma perdendo i Ticket Restaurant, il Fondo di Solidarietà (ovvero le forme di assistenza e integrazione salariale), tutti i trattamenti di miglior favore derivanti dagli accordi integrativi aziendali e, soprattutto, perdendo la garanzia del posto di lavoro perché si tratta di neo-assunzioni, con piena applicazione del job’s act. In cambio una compensazione una tantum di quattro mensilità.
- Se non vuoi andare a lavorare a Milano e non vuoi andare in Comdata, puoi dimetterti: Vodafone, su richiesta, ha anche esternato la cifra approssimativa di un’eventuale buonuscita pari a 18-24 mensilità, ma senza prendere alcun impegno e rimandando il tutto a contrattazioni individuali nelle quali la lavoratrice o il lavoratore dovranno andare dall’Azienda col cappello in mano.
Una “proposta” con tutta evidenza irricevibile, da respingere senza indugio al mittente,
al limite rimarcando la perdita di tempo che ha comportato.
E INVECE…
E invece non avevamo fatto i conti con Cgil-Cisl-Uil presenti questa volta al completo che, dopo aver strenuamente lottato contro questi trasferimenti facendo dichiarazioni a costo zero e proclamando una (1) ora di sciopero quale inizio di un percorso che nella realtà non ha avuto alcun seguito, anziché unirsi a noi nel respingere questo ulteriore atto di arroganza aziendale hanno iniziato una melina di interventi e salti carpiati per arrivare poi a firmare un accordo in cui questa magnifica proposta aziendale di rientro in Comdata viene da loro avallata e ritenuta una possibile conclusione buona e giusta. Qualcuno addirittura se ne vanta.
Cgil-Cisl-Uil, impartendo una memorabile lezione sindacale, il 27 luglio hanno dimostrato che contrastare un trasferimento che si è detto e scritto di ritenere immotivato e discriminatorio, si concretizza con l’avallare soluzioni che fanno uscire questi lavoratori da Vodafone per andare in un posto di lavoro con condizioni economiche e normative inferiori o accettare qualche soldo per poi cercare un nuovo lavoro.
Secondo le organizzazioni confederali dunque per sottrarsi a una discriminazione bisogna uscire dall’azienda e di fatto accettare il ricatto che con i trasferimenti è stato posto in essere.
Una firma nel nome e per conto di lavoratori che non si rappresentano (tra i trasferiti solo 2 lavoratrici sono iscritte alla Cgil, mentre gli altri 15 sono iscritti Cobas) che non servirà a nessuno, perché nessuno dei lavoratori impattati si è detto interessato ad accettare per essere poi ricattato, trasferibile/licenziabile in qualsiasi momento in cambio di quattro soldi una tantum; e perché quegli stessi lavoratori in tribunale avranno, ancora una volta, una pezza sindacale da contrastare sulla via del far comprendere ai giudici le proprie ragioni.
A CHI SERVE L’ACCORDO
All’Azienda per poter sostenere e dimostrare con l’avallo sindacale di essere duttile e sensibile
A Cgil-Cisl-Uil per giustificare la loro esistenza e rinnovare la loro essenza accondiscendente
A veicolare verso i trasferiti un messaggio/consiglio di graduale accettazione della loro nuova condizione anche attraverso dei piccoli lenimenti o rimborsi cui l’Azienda potrebbe essere disponibile se richiesti nell’alveo di sindacati ragionevoli.
Nulla di nuovo, schifezze già viste numerose volte in passato, che però continuano a lasciarci basiti.
Anche perché questa accozzaglia di sigle continua a professarsi formalmente contraria ai trasferimenti e addirittura più di una, solo a seguito delle nostre vittorie, patrocina cause legali per il rientro in Vodafone di lavoratori che – accompagnati da un loro accordo – sono stati 10 anni fa terziarizzati proprio a Comdata. E poi, appena può e appena l’azienda chiama, schizofrenicamente corre ad annuire e a firmare quel che viene chiesto.
Ci chiediamo se i lavoratori da loro oggi rappresentati nelle vertenze possano vivere con fiducia queste scelte sindacali che nelle pratica avallano l’atto ritorsivo verso chi ha vinto, invece di opporvisi realmente. Questo accordo la dice lunga su cosa ne sarà del loro destino in caso di vittoria di fronte a eventuali ritorsioni aziendali.
IL RUOLO DELLA REGIONE
A tutto ciò si aggiunge il fatto che quelle istituzioni come l’Assessorato al Lavoro della Regione Piemonte che si attivano come luoghi e soggetti di mediazione e che magari possono suscitare qualche aspettativa, finiscono poi per interpretare questa funzione (ob torto collo o meno) come un mero compito procedurale con contorte giustificazioni dell’agire aziendale. Non è per questo che abbiamo lavorato a un coinvolgimento di questa istituzione e siamo certi che non possa essere questa la posizione condivisa da altri esponenti della Regione.
COBAS NON HA FIRMATO PERCHE’
– a differenza di ogni altra organizzazione sindacale siamo determinati a contrastare sindacalmente e legalmente i trasferimenti discriminatori;
– i lavoratori trasferiti nostri iscritti erano concordi nel non firmare un testo che anziché salvaguardare il loro posto di lavoro li accompagna all’uscita. Questi lavoratori pretendono giustamente di essere difesi, sostenuti e spronati a riottenere la loro sede di lavoro e la loro vita.
– perché è un accordo che fa finta, nel caso non si voglia accettare la fuoriuscita, che avere un part-time verticale o una navetta aziendale possa garantire alle persone la capacità di resistere e non arrivare per sfinimento a dimettersi. Persone che tutti i giorni spendono mediamente 9 ore e mezza di vita per lavorare 5 o 6 ore indicizzando fax e indirizzandoli ai reparti competenti per la gestione, poiché è questa l’attività di alta professionalità che i lavoratori, secondo l’Azienda, possono svolgere solo a Milano.
Insomma, abbiamo purtroppo solo perso tempo.
I trasferimenti continuano ad esserci e a essere inaccettabili, pretestuosi e ricattatori.
Per Vodafone non c’è alcuna alternativa all’infuori della accettazione supina dei disegni aziendali.
Per Cgil, Cisl e Uil nei fatti anche.
PER NOI NON C’È ALTRA STRADA CHE CONTINUARE A OPPORSI IN TUTTI I MODI A NOSTRA DISPOSIZIONE.
LA PARTITA SARÀ CHIUSA SOLO QUANDO LE LAVORATRICI E I LAVORATORI RITORSIVAMENTE E DISCRIMINATORIAMENTE TRASFERITI A MILANO TORNERANNO A IVREA E ALLE LORO VITE.
30 Luglio 2017
Coordinamento Cobas Vodafone