Il giorno 09.03.2018 è stata formalmente ratificata l’intesa raggiunta da Confindustria con CGIL, CISL e UIL in data 28.02.2018, relativa a come riformare per i prossimi anni le relazioni industriali e la contrattazione collettiva.
Nel settore delle TLC avevamo avuto una chiara anticipazione di quello che ci attende con l’accordo ponte siglato a novembre. Nell’accordo del 9 Marzo è stato enunciato con completezza il progetto intrapreso per abbassare il costo del lavoro in Italia.
Il testo è volutamente criptico e di difficile comprensione, così da prendere alla sprovvista contratto per contratto i lavoratori. I reali intendimenti sono mascherati e presentati quali una nobile e complessa missione che questi soggetti si sarebbero assunti per rilanciare il Paese, il mondo del lavoro, la produttività e vincere qualsiasi sfida.
Vengono confermati i due livelli di contrattazione – nazionale e aziendale o territoriale, a seconda della dimensione delle aziende-; vengono indicati nuovi criteri di calcolo degli aumenti salariali e sono introdotte nuove voci di composizione del salario. Viene inoltre definita per la prima volta la necessità di misurare la rappresentatività non solo delle organizzazioni sindacali, anche delle imprese e delle associazioni datoriali; vengono delineate linee guida per la Scuola italiana, quale laboratorio di produzione di manodopera per il “mercato del lavoro“.
RETRIBUZIONI
Il CCNL, oltre a regolare i rapporti di lavoro e garantire i trattamenti economici e normativi comuni a tutti i lavoratori di ogni singolo settore, dovrà individuare il Trattamento Economico Complessivo (TEC) e il trattamento economico minimo (TEM). Si tratta sigle di “distrazione di massa”.
TEC sarà il TEM + salario sotto forma di welfare + trattamenti comuni a tutti i lavoratori (scatti di anzianità, superminimi individuali o collettivi, ERS cioè Elemento Retributivo Separato, EDR, premi di risultato e/o di produzione, indennità varie, welfare aziendale).
TEM corrisponderà al vecchio minimo tabellare? CERTAMENTE NO, diversamente lo avrebbero lasciato. Questo nuovo importo verrà definito nel CCNL in base all’ormai consueto e inaccettabile dato IPCA, Indice Prezzi al Consumo Armonizzato, (anziché svolgere contrattazioni volte a determinare tale minimo retributivo) per il periodo della vigenza contrattuale, ma viene già detto, in modo sempre volutamente poco chiaro, che potrà essere modificato “in ragione dei processi di trasformazione e/o di innovazione organizzativa” (anche a ribasso?!). Non si potranno dunque escludere adeguamenti delle retribuzioni anche nel corso degli anni della vigenza contrattuale in base agli andamenti IPCA.
Le quote di salario eccedenti il TEM, così come verrà definito, si sposteranno inevitabilmente verso altre voci, come il famigerato ERS (Elemento Retributivo Separato) che non saranno più annoverate nella base di calcolo per la retribuzione minima e non è difficile ipotizzare che, progressivamente, tutte le voci al di fuori del TEM saranno escluse anche dalla base di calcolo degli istituti salariali indiretti e differiti, come appunto già stabilito per l’ERS, ad esempio il TFR e fondo previdenza complementare.
CONTRATTAZIONE DI II LIVELLO dovrà raggiungere intese volte a “riconoscere trattamenti economici strettamente legati a reali e concordati obiettivi di crescita della produttività aziendale, di qualità, di efficienza, di redditività’, di innovazione, valorizzando processi di digitalizzazione e favorendo forme e modalità di partecipazione dei lavoratori”. E’ facile capire che sempre maggiori quote di salario diventeranno variabili e legate alla produttività dei singoli e alle condizioni delle singole aziende. Non si tratterà di premi di risultato che possono variare in ragione dei risultati aziendali, si tratterà del salario mensile che varierà in relazione a produttività del singolo e alla situazione della singola azienda con tutto ciò che determinerà quanto a peggioramento della situazione economica e relativo malessere psicofisico di tutti.
Ed è altrettanto facile immaginare che la stragrande maggioranza delle piccole o medie aziende, già oggi prive di qualsiasi contrattazione di secondo livello, erogheranno ai propri dipendenti esclusivamente il trattamento economico minimo, diventato inferiore rispetto a quello attuale.
SI CONTANO PER CONTINUARE A CONTARE, IN UN PROCESSO AUTOREFERENZIALE CHE NULLA HA A CHE FARE CON GLI INTERESSI DEI LAVORATORI
Con l’asserito scopo di contrastare il dumping contrattuale, ovvero la proliferazione di contratti firmati da organizzazioni sia datoriali sia sindacali prive di rappresentanza, ovvero fuori da quelle canoniche, e quindi per difendere e riaffermare il senso della propria esistenza, viene stabilito di rifare una mappatura dell’appartenenza delle varie realtà imprenditoriali al corretto settore e si provano a porre le condizioni per un ritorno nell’alveo di Confindustria di quelle realtà imprenditoriali che ne erano uscite per cercare e/o crearsi condizioni di maggiore convenienza economica. Obiettivo all’apparenza nobile e giusto che però viene smentito dalla sua attuazione pratica: l’obiettivo si realizzerà infatti grazie alla modifica degli assetti salariali, ovvero diminuendo complessivamente le retribuzioni di tutti coloro ai quali si applicheranno i CCNL delle varie categorie e facendo così venire meno la necessità degli imprenditori di dover uscire dai vari CCNL per conseguire agevolmente lo scopo di disporre di manodopera da retribuire di meno e sfruttare maggiormente.
Confindustria e OO.SS firmatarie, entrambe fortemente ostili ad una legge sulla rappresentanza sindacale per il settore privato che dia finalmente corpo a quanto disposto dall’art.39 della Costituzione Italiana in tema di libertà sindacale ed efficacia generale dei contratti collettivi, in questo testo invece si riconoscono pomposamente reciprocità per garantirsi sopravvivenza e monopolio della rappresentanza. Analoga reciprocità questi soggetti se la danno nella messa appunto del “piano industriale 4.0”, la cui strategia, fatta di innovazione tecnologica e digitalizzazione e di conseguenti moltiplicati esuberi, può decollare pacificamente solo con la complicità delle OO.SS di fronte alla disoccupazione di massa che attanaglia il Paese e alla ulteriore riduzione del costo del lavoro vivo.
SMANTELLAMENTO DELLO STATO SOCIALE
Quanto al “welfare universale”, frutto delle battaglie vincenti degli anni ‘70 che avevano conquistato “pensioni, sanità, saperi, diritto al riposo, permessi, 150 ore….” , il tutto oggi viene tradotto e sostituito in “ welfare integrato contrattuale”, la cui contribuzione “è frutto di equilibrio contrattuale tra le parti, con linee di indirizzo valide per ogni CCNL al fine di ottimizzarne lo sviluppo”.
A sostegno del “welfare contrattuale”, in particolare dei Fondi Pensione definiti “2° pilastro” del sistema di protezione sociale si rivendica dai governi una fiscalità in vantaggio dei Fondi, naturalmente co-gestiti dai soliti noti in una grande armoniosa condivisione di interessi economici, tra cui la riduzione delle tasse sugli investimenti e sui rendimenti, così da renderli finalmente attrattivi (laddove non obbligatori), andando così proprio a compromettere e smantellare il sistema pubblico che in premessa, come sempre, dichiarano vibratamente di voler difendere.
Nel documento, la strategia perseguita da Confindustria e OO.SS. è quella della progressiva sostituzione del sistema di protezione pubblica con quella privata, un “sistema all’americana” dominato dai Fondi e dalle Assicurazioni, che lega coercitivamente il lavoratore all’impresa e, in caso di perdita o di mancanza del lavoro, lo vede costretto all’esclusione e al disprezzo.
SCUOLA UNICAMENTE PROPEDEUTICA AL LAVORO
Nel titolo” Formazione e Competenze”, per rendere più facile l’asservimento del lavoratore all’impresa, c’è la pretesa di orientare financo la Scuola al fine di “migliorare l’offerta formativa in collegamento con il mondo del lavoro”. C’è la spudoratezza di voler intensificare il lavoro gratuito già previsto con “l’alternanza scuola-lavoro” e quello sottopagato “dell’apprendistato”, coinvolgendo in particolare gli ITIS nei percorsi di “Impresa 4.0”.
Di più, i sodali intendono intercettare i Fondi previsti dalla Legge di Bilancio che destina varie provvidenze “allo sviluppo di un grande piano di formazione”, da gestire in proprio e/o attraverso l’attività di Fondo Impresa, a cui vanno destinati quote crescenti del “Piano industria 4.0”.
Assistiamo dunque alla piena adesione delle OO.SS. a un modello culturale che vuole che la Scuola non più luogo di emancipazione e formazione di persone in grado di avere conoscenze e spirito critico, ma di fabbriche che sfornano manovalanza operosa e già pronta. A renderla ubbidiente e ricattabile si è già pensato smantellando diritti e salari.
SICUREZZA SUL LAVORO: PAROLE SEMPRE PIU’ VUOTE
Nel paragrafo dedicato alla “Sicurezza Lavoro”, non una parola sulla costante strage annuale di lavoratori, che solo per il 2018 vede in 4 mesi più di 150 vittime, sulla mancanza di dotazioni, ispezioni-sanzioni, sull’inadeguatezza degli RLS. Si legge solo che “a 10 anni dal Testo Unico, serve una nuova fase per rendere efficace il quadro regolatorio” e si assiste all’esaltazione del ruolo dell’INAIL, un ente che opera in conflitto di interessi agendo lo stesso Istituto come certificatore e liquidatore del danno, e quindi sicuramente non negli interessi del lavoratore colpito e della sua famiglia.
In conclusione, l’accordo del 09.03.2018 è a nostro parere un documento politico dal respiro burocratico e di sussistenza reciproca nel quale le OO.SS. firmatarie esplicitano con ancor maggiore evidenza la resa, nel farsi carico esclusivamente degli interessi dell’impresa e dei propri orticelli, ponendosi come cogestori subalterni delle crisi occupazionali e reddituali.
SPETTA A NOI LAVORATORI CHIEDERE CONTO DI QUESTA FIRMA ALLE OO.SS. FIRMATARIE, DENUNCIARNE IL DISSENSO NELLE ASSEMBLEE E ATTREZZARCI PER CONTRASTARNE L’APPLICAZIONE NEI CCNL E NELLE IMPRESE.
COBAS Telecomunicazioni