La relativa tranquillità diffusa in azienda tra i lavoratori è in evidente contrasto con le uniche certezze che, ad oggi, hanno i lavoratori: a fine mese terminerà la validità dell’Accordo CdS del 31 maggio 2016 (chiudendo una volta per tutte il discorso sulla solidarietà) ed il 20 dicembre p.v. si conclude la procedura che darà poi avvio ai licenziamenti (legge 223/91) e che prevede la chiusura dei siti di Roma e Napoli.
Tuttavia, stante il “buco” di 20 giorni che si pone tra la fine della CdS e il giorno in cui Almaviva potrà effettivamente licenziare i lavoratori interessati dalla procedura, ci riesce difficile pensare che la proprietà intenda pagare per intero (dal 01.12 al 20.12) gli stipendi relativi all’intera forza lavoro di Roma, Napoli e Palermo.
Si ricorda infatti che se un nuovo accordo sarà sottoscritto, questo dovrà essere stipulato entro il 30 novembre ed il risultato è che per tutti noi si accorciano i tempi per poter agire ed essere determinanti in questa vertenza.
Un’altra assoluta certezza per i lavoratori è che l’eventuale accordo non prescinderà da un feroce attacco al salario, da un rilevante peggioramento delle modalità di lavoro e un vistoso aumento dei ritmi di lavoro.
Per poter comprendere a pieno quanto sopra, è opportuno rammentare alcuni elementi dell’ evergreen “propostone” aziendale e più precisamente: la sospensione di alcune parti del nostro salario (abbassamento dei livelli? Blocco scatti anzianità? Meno soldi in busta paga, per intenderci), “indorato”, però, dalla “balla” della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa, nonché, l’immancabile e “affezionatissimo”, annesso controllo individuale della produttività.
Tutto ciò infischiandosene delle nostre già misere paghe e della nostra salute psico-fisica, si propone sempre e solo la stessa ricetta: + stress + produttività – salario!
Abbiamo da sempre sostenuto, anche nella precedente vertenza , che la “crisi” Almaviva si può e si deve risolvere a livello nazionale con il minore aggravio economico possibile per dei lavoratori che già percepiscono salari “da fame”; tale “crisi” non può e non deve essere utilizzata come ricatto per abbassare salari, diritti e per peggiorare le condizioni di lavoro.
Siamo favorevoli ad uno sciopero nazionale in Almaviva che si traduca però in una seria mobilitazione nazionale e, dunque, supportata dalla volontà vera di coinvolgere i lavoratori di tutte le sedi, organizzando una manifestazione nazionale e cercando di unire seriamente i lavoratori da nord a sud!
Siamo però consapevoli che il solo sciopero nazionale Almaviva non è sufficiente. E’ indispensabile proclamare uno sciopero dell’intero settore per cercare di uscire da questo autentico attacco a tutti i lavoratori del comparto (in house e in outsourcing). Per questo, come COBAS del Lavoro Privato, abbiamo ritenuto necessario aprire le c.d. procedure di raffreddamento, previste dalla legge 146/90, che permetteranno di indire uno sciopero dell’intero settore, anche per i lavoratori delle grandi aziende committenti, soggetti alla restrizioni sul diritto di sciopero e che, tuttavia, come noi, sono coinvolti in questi “accordi al ribasso”.
Naturalmente, la risoluzione della vertenza non può che passare nelle mani dei lavoratori la cui sola partecipazione attiva può incidere realmente sull’andamento delle cose.
Comprendiamo che la rassegnazione è difficile da arginare, che la firma dell’ennesimo “accordo bidone” di maggio 2016, contro il volere dei lavoratori firmata da CGIL-CISL-UIL-UGL, abbia annientano le ultime residuali forze per un’opposizione in azienda ma l’andamento e la triste conclusione della precedente vertenza dovrebbe soltanto far capire ai lavoratori gli errori fatti e trovare un’altra strada per far sentire la loro voce ed essere determinanti nella vicenda, strada che, per noi, non può che essere quella dell’autorganizzazione e quindi l’agire in autonomia dalle centrali burocratico-sindacali e dalle loro appendici, sia a livello di preparazione delle mobilitazioni, sia a livello di trattativa con la controparte azienda-governo.
UNA FORTE CONFLITTUALITÀ E UN MINIMO DI BUON SENSO POSSONO EVITARE SIA UN’UMILIANTE “CACCIATA A CALCI NEL SEDERE”, SIA IL SUBIRE CONDIZIONI DI LAVORO PARASCHIAVISTICHE!
COBAS Almaviva