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In tutti questi anni nessuno aveva osato prendersi la responsabilità di andare fino in fondo diventando complice di quella che consideriamo una catastrofe: contribuire alla separazione del campione italiano delle TLC, una volta tra i primi al mondo.

Se in qualche modo il disastro sociale, industriale ed economico di Alitalia aveva messo in allarme la politica, (quella che ha pagato dazio  per aver contribuito all’ennesima speculazione imprenditoriale),  in questi giorni, invece, il Governo Meloni (che ha costruito le sue fortune sulle sbandierate eccellenze italiane da difendere, sui confini da chiudere, sul lavoro contro la disoccupazione) ha deciso di stanziare ben 2,2 miliardi per aiutare un Fondo Americano a realizzare un piano industriale deleterio proposto dall’Azionista di riferimento Francese, Vivendì. Tale piano determinerà, secondo noi, perdita di posti di lavoro e diminuzione dei salari.

L’approvazione di tale  piano, che l’amministratore di TIM presentò pubblicamente a novembre 2021, e il conseguente atto del Ministro Giorgetti, sono stati accompagnati dalla costituzione ufficiale del Fondo Bilaterale di Solidarietà del settore TLC. Un modo, quindi, per rendere strutturali gli ammortizzatori sociali nel settore con il sostegno aggiuntivo di un Fondo di Solidarietà ideato anche per calmierare eventuali conflittualità con i lavoratori e le lavoratrici.

Il risultato finale sarà una cospicua perdita di denaro pubblico, la distruzione di un Asset strategico per il Paese e l’economia tutta, porte spalancate alla giungla del mercato che produrrà velocemente profitti per i pirati del settore, bassi salari e scarsa occupazione…

Ma vediamo di riavvolgere brevemente il nastro per i non addetti ai lavori prima di tornare alle decisioni del Governo.

Nel Novembre 2021 l’Amministratore delegato di TIM, Labriola ha presentato un Piano Industriale che prevederebbe la separazione di TIM in due macro aziende: SERCO (società di servizi di TLC) e NETCO società della rete, da mettere sul mercato con lo scopo di proporla in vendita a Cassa Depositi e Prestiti e ad altri investitori stranieri già in parte presenti nel Gruppo. L’obiettivo era, ed è, quello di rientrare di parte del debito conseguito quando l’Azionista di maggioranza francese scalò le posizioni di vertice della Azienda. Questa operazione è stata spacciata come una operazione che consentirebbe un riassetto delle TLC attraverso la costituzione di un unico operatore  delle RETI. Il tutto si sarebbe dovuto compiere in brevissimo tempo ma tutti i soggetti finanziari dimostratisi interessati, si sono scontrati però con i costi possibili (17-20 miliardi) per un segmento industriale dal destino incerto: Le reti di cui parliamo avranno vita breve, visto che l’innovazione tecnologica sta spostando gli investimenti dai segmenti tradizionali delle reti telefoniche verso le infrastrutture che sostengono il passaggio al 5G e alla gestione dei CLOUD e dei DATACENTER.

Abbiamo sempre giudicato questo tentativo di operazione come sciagurato avendo come sfondo la sorte che toccò ad Alitalia quando la separazione delle infrastrutture (sinteticamente gli HUB aereoportuali ) dalla commercializzazione delle linee determinò di fatto il fallimento della stessa e la sua scomparsa.

Mantenere in piedi una azienda che si deve scontrare con la giungla delle “leggi di mercato”, farle fare concorrenza sui prezzi, senza a vere nella sua pancia le infrastrutture portanti (per Alitalia gli aeroporti) significa portarla alla morte.

Non a caso una operazione industriale che avrebbe dovuto chiudersi in breve tempo si è trasformata in un tormentone estivo con una trattativa infinita legata proprio alla quantità di investimenti che i soggetti interessati avrebbero dovuto o dovrebbero sostenere.

Il 4 Agosto scorso, la decisione del Ministero di investire 2,2 Miliardi da aggiungere a quelli del maggiore Azionista interessato (KKR) imprime una accelerazione alla operazione di scorporo e apre uno scenario in cui lo “spezzatino di TIM” rischia concretamente di arrivare alla conclusione con la distruzione del maggiore operatore delle TLC italiano e la messa sul mercato non solo delle rimanenze societarie in capo a TIM (la cosiddetta SERCO – società dei servizi), ma anche del futuro operatore unico delle RETI. Se da una parte la presenza di Cassa Depositi e Prestiti garantirebbe la presenza dello “Stato” nelle quote Azionarie, dall’altra l’aver contribuito alla nascita di un carrozzone senza possibilità di operare sul mercato potrebbe rivelarsi un boomerang del quali disfarsi a breve termine.

Fra l’altro una delle anomalie importanti del mercato delle TLC italiane è proprio la presenza di una estrema frantumazione con tanti operatori sia nella telefonia fissa che mobile. Un aspetto ricordato anche in un convegno importante svoltosi il 14 dicembre 2022 alla presenza del Governo e di tutti i maggiori operatori di TLC italiane.

Una eccessiva concorrenza al ribasso dei prezzi, se da una parte ha fatto felici i clienti di telefonia, dall’altro ha depauperato i processi industriali delle imprese.

Tornando all’operazione del Governo, ci verrebbe da pensare che la Meloni sia contraria al Salario Minimo tanto quanto a quelle concentrazioni industriali che permettono a lavoratrici e lavoratori di avere cornici contrattuali minime le quali consentano loro di  organizzarsi adeguatamente per un potere contrattuale decente.

Accompagnati da una fanfara mediatica asservita (e poco informata), il rischio è di assistere ad un’operazione che frutterà qualche miliardo di € in poche settimane grazie ad alcuni fattori :

1) Contributo Pubblico per la costituzione della nuova “Società della Rete” venduta ad un Fondo Americano 2) Abbattimento sostanzioso del debito della TIM Spa che permetterà (in parte è già in atto) una speculazione al rialzo dell’Azione.

Finito questo momento di gloria finanziaria, si procederà al recupero dei margini di profitto attraverso l’abbattimento del costo del lavoro.

I risultati reali di questo contenimento dipenderanno molto dal perimetro delle attività che saranno trasferite nella nuova società (NETCO – Nuova società della rete).

L’esperienza ci ha insegnato inoltre che nemmeno i legislatori conoscono bene il tema, soprattutto dal punto di vista tecnologico.

In questi anni una delle armi utilizzate dai COBAS TIM è stata quella di spiegare alle commissioni parlamentari di turno di cosa si parla dal punto di vista tecnologico (quando si parla di Rete) e di quale complessità e competenza ci sarebbe bisogno prima di affrontare un tema del genere.

Dopo 20 anni di tentativi andati a vuoto ( il primo progetto risale alla fine degli anni ’90) e in assenza di un movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, oggi siamo vicini a realizzare questo grande regalo alla finanza.

In presenza di un Governo reazionario della peggior specie e con i sindacati confederali che hanno alzato bandiera bianca senza neanche un accenno di reazione l’intera operazione è in netta antitesi con i timidi tentativi del Governo Conte che aveva provato ad investire direttamente nel capitale azionario della TIM aumentando la posizione di CDP.

Nel 2018/2019, vale la pena ricordare, un investimento di poco inferiore al Miliardo € portò il Ministero del Tesoro ad essere il secondo azionista di TIM SPA. Oggi l’operazione messa in campo dal Governo rischia di impegnare il doppio del capitale con il Ministero che sarà “quota di minoranza” di una porzione di società senza la possibilità di determinare la politica industriale del settore.

Con gli stessi soldi il Governo sarebbe potuto diventare azionista di maggioranza assoluta e scegliere che tipo di politica fare nelle TLC, monitorare gli investimenti pubblici, garantire la neutralità della RETE e guadagnare anche dagli utili che drena questa Società…ma questo avrebbe voluto dire fare gli interessi comuni del Paese.

Qui invece, e per i fascisti non è una novità, siamo in presenza di una lotta condotta per conto terzi contro salariati, disoccupati e beni pubblici su tutti i fronti.

Nel CDA di KKR, che controllerà la nuova società della Rete (EX-TIM), va anche annoverata la presenza del ex-generale USA, Petreus – che fu anche direttore della CIA.

Questo apre degli scenari inquietanti sulla gestione delle nostre reti di TLC e mette la parola fine sulla propaganda della compagine del Governo a tutela della italianità della nostra industria. Anche perché la nuova società telefonica gestirà importanti vie di comunicazione strategiche anche dal punto di vista militare.

Come delegati e delegate di TIM, da anni impegnati nella campagna per TIM UNICA e PUBBLICA, speriamo che l’incertezza sul futuro e le esperienze patite dai lavoratori e dalle lavoratrici di Alitalia possano risvegliare le coscienze per ora troppo sopite.

Nonostante gli sforzi, infatti, con la complicità della campagna mediatica scatenata a favore della separazione dai media e le parole di rinuncia dei Delegati appartenenti ai sindacati confederali, i quali fin dal primo minuto hanno dichiarato che una operazione del genere è incontrastabile, i lavoratori e le lavoratrici sembrano vivere in un limbo ovattato, favoriti dalla confort-zone dello smart working e dalle uscite anticipate di prepensionamento.

Eppure è proprio di questi giorni la preoccupazione che inizia a salire circa una operazione simile messa in atto dal WIND: La decisione di scorporare la sua rete mobile e affidarla ad altra società, incertezza nelle comunicazioni verso i lavoratori e le lavoratrici (circa 2000), incertezza sul futuro di coloro i quali rimarranno a gestire la parte commerciale della società.

Insomma…siamo consapevoli che sarebbe necessario un salto di qualità nella attenzione e nella mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori di TIM, ma  anche di tutto il settore, prima che sia troppo tardi.

Riccardo de Angelis e Alessandro Pullara – COBAS TIM