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10347534_10204030919683908_1615630288307067805_nIn questi ultimi anni abbiamo assistito ad una progressiva erosione dei diritti dei lavoratori dei call center, basta pensare alla mancata monetizzazione dei Rol che ora vengono utilizzati, in maniera quasi unilaterale, dalle aziende per gestire le curve di traffico. Molte aziende del settore come Teleperformance e Almaviva, dichiarando esuberi strutturali, da tempo utilizzano gli ammortizzatori sociali per diminuire il costo del lavoro. Teleperformance nella stipula dei contratti di solidarietà, ha addirittura diminuito i livelli inquadramentali.
Almaviva, in regime di solidarietà, ha presentato ultimamente uno scenario apocalittico con licenziamenti nella sede di Palermo e CIGS negli altri siti in caso di perdita della commessa Wind. L’azienda lamenta la cattiva normativa sulle gare di appalto che consente alle aziende con il costo del lavoro più basso di aggiudicarsi le commesse; palese contraddizione se pensiamo che la stessa Almaviva due anni orsono, avvalendosi di una CIGS a Roma, ha trasferito il lavoro nella sede di Rende godendo di notevoli incentivi pubblici per assumere operatori al secondo livello. Ultimamente per alcune aziende i più grandi colpevoli degli esuberi sarebbero le istituzioni e la politica tutta, ma anche qui siamo davanti ad un’altra contraddizione visto che è stata proprio la politica ad inondare queste aziende con innumerevoli incentivi pubblici, ed è proprio con i soldi dei cittadini e la complicità dei committenti che queste aziende, senza mettere quasi nulla di tasca propria, sono nate.
Le ultime cronache di Almaviva ci raccontano che l’azienda ha dichiarato una crisi insostenibile e una situazione drammatica se si dovesse perdere la commessa Wind. Inoltre, la dirigenza aziendale ha affermato che, anche in caso di mantenimento della commessa, la CIGS e un accordo sarebbero comunque necessari per sostenere gli esuberi. Anche da queste dichiarazioni affiorano dei forti dubbi, se l’azienda è veramente in crisi e deve gestire degli esuberi ormai strutturali perché vuole un accordo che secondo noi significa altra perdita di diritti? Fino a qualche anno fa la prassi delle aziende, in caso di eccedenze, è sempre stata quella di utilizzare gli ammortizzatori sociali e non di attaccare i diritti dei lavoratori.
Secondo noi siamo davanti ad un altro ricatto occupazionale che ha la funzione di peggiorare le nostre ormai critiche condizioni di lavoro, più produttività, più stress e quindi maggiori possibilità di acquisire patologie professionali. Siamo ormai giunti davanti ad una scelta obbligata: accettare condizioni semi-schiavistiche o alzare la testa dichiarando che non c’è più nulla da cedere, il rischio d’impresa non si può sempre scaricare sui lavoratori.
Questa azienda ha avuto da sempre poca considerazione nei confronti dei lavoratori (non ultimo il trattamento ignobile riservato ai colleghi dell’ultimo corso Eni FFHH), chiedendo qualità senza mai investire sulla formazione e sul miglioramento delle postazioni, senza mai dare in cambio una briciola di aumento salariale. Anche quando non lamentava nessuna crisi i lavoratori non hanno mai visto un premio di risultato e intanto l’azienda cresceva, si espandeva all’estero e i dirigenti si arricchivano.
In questa interminabile vicenda di Almaviva-Atesia una cosa deve essere chiara a tutti: la dignità si riconquista solo con la mobilitazione, e la lotta per rendere veramente esigibile l’articolo 36 della nostra umiliata Costituzione (“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.”) ed è per questo che metteremo in campo tutte le iniziative possibili come abbiamo sempre fatto.
COmitato di BASe Almaviva C. Roma

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